I terreni sono divisi in due dalla Nuova Estense. Da un lato, su oltre due ettari, ci sono alberi da frutto con ciliegie e frutti dimenticati e dall’altro c’è un appezzamento di circa un ettaro in conversione biologica con una piccola vigna, ortaggi, e un edificio con punto vendita, sale per degustazione e un laboratorio, dove i prodotti trasformati sono vegani.
L’azienda agricola Il Ciliegio di Riccò di Serramazzoni si deve all’idea di Giulia Bernabei di tornare all’agricoltura, proprio sui terreni che il nonno Renzo aveva lavorato per tutta la una vita. «Mio nonno ha sempre fatto l’agricoltore, però l’azienda era praticamente impostata a monocoltura, si produceva principalmente frutta rossa, che veniva portata al mercato all’ingrosso – racconta Giulia, 38 anni, sposata e madre di due figlie, Elisa e Chiara – poi sono subentrata io e ho adeguato l’azienda al mercato di oggi, perchè adesso produrre e vendere all’ingrosso non dà la marginalità sufficiente per mantenere in piedi un’azienda. L’ho chiamata “Il ciliegio”, perchè ai tempi di mio nonno eravamo i più grossi produttori di frutta rossa della montagna, soprattutto per il Marchigiano bianco che conferivamo anche alle industrie Toschi di Vignola».
Giulia a ha iniziato l’attività una quindicina di anni fa, quando era giovanissima.
«Si era aperta la possibilità di rilevare l’azienda del nonno, con contributi per l’insediamento dei giovani in agricoltura – racconta ancora – ho partecipato a un bando del Gal e ho avuto il finanziamento. Senza questo aiuto difficilmente sarei riuscita a concretizzare questo mio desiderio».
In realtà l’idea iniziale era di aprire un agriturismo a fianco dei terreni, ma dopo aver seguito tutti i passaggi legislativi, con la presentazione dei documenti necessari e la partecipazione al relativo corso formativo, la burocrazia imponeva a Giulia di aspettare ancora qualche anno, prima di iniziare l’attività agrituristica.
«Nel frattempo ho quindi avviato un piccolo laboratorio di trasformazione, per la mia azienda, ma anche conto terzi – ha continuato Giulia – facendo poca promozione e partendo praticamente da zero, il primo anno ho comunque lavorato, il secondo anno un po’ di più, il terzo ancora di più e ho scoperto che trasformare in salse e confetture la frutta e gli ortaggi mi piace molto e al momento di aprire l’agriturismo ho pensato che era meglio ampliare il laboratorio di trasformazione». L’azienda agricola produce principalmente amarene, ciliegie, lamponi, ribes, mirtilli siberiani, prugne, noci e frutti antichi: mela ciabatta, mela musina, pir pistola, e poi kaki e orticole minori.
«Ciliegie e amarene per 2 mesi vengono vendute direttamente presso l’azienda – dice Giulia – il resto viene stoccato e trasformato nel laboratorio dove produciamo confetture, composte, succhi di frutta, creme vegetali e altre salse di verdure, giardiniere, sott’oli, sott’aceti. I nostri prodotti che escono dal laboratorio di trasformazione sono tutti vegani e senza glutine. «Non è stato difficile produrre vegano – ha aggiunto Giulia – perchè i nostri prodotti vengono tutti da noi coltivati, raccolti e trasformati. Per le confetture noi utilizziamo frutta e zucchero di canna. Non utilizziamo addensanti, è come se fossero fatti in casa. Stessa cosa per le orticole, vengono raccolte, trasformate e non aggiungiamo alcun tipo di addensante. Nelle salse, ad esempio, peperoni, carote, sedano e cipolla vengono sbollentati come una volta, colati a mano e invasati a mano». Tra le tante salse gialle, rossa, verde, prodotte da Il Ciliegio, la più richiesta è la “Selsa dal cuntadein” con la quale si possono accompagnare carni e formaggi, una sorta di salsa per tapas alla modenese.
«È piccante – spiega Giulia – gli ingredienti sono peperoni, carote, sedano, cipolla, fagiolino tagliato grosso, peperoncino, aceto di vino bianco, sale e zucchero. Le verdure vengono lavate, tritate, sbollentate in una soluzione di aceto, sale e zucchero, vengono colate a mano, poi vengono messe in una mastella. Viene aggiunta la passata di pomodoro, il peperoncino, l’olio di girasole, poi viene invasata e pastorizzata». Per le confetture tra le varie produzioni de Il Ciliegio la più insolita è quella dei frutti dimenticati. «Sono piante da frutto che ha piantato mio nonno. La confettura viene preparata con pere e mele cotogne, mela musona, mela rosa romana, pir pistola, una pera grossa che si mangia solo cotta, mela ciabatta, zucchero di canna e vaniglia. La frutta viene pulita, bollita, passata in una passatrice per omogeneizzare il tutto e tirare via i semini, viene poi invasate e pastorizzata». Il Ciliegio è una piccola realtà in espansione. Il passo successivo sarà di ampliare il laboratorio di trasformazione. «Siamo un’azienda familiare e mi aiuta un po’ tutta
la famiglia: mio marito, mio padre e mia madre – ha concluso Giulia – il prossimo investimento sarà potenziare il laboratorio ma non più di tanto, perché secondo noi possiamo trasformare un massimo di 13 quintali di prodotto al giorno, dopo diventa qualcosa che si avvicina all’industriale».